Fotografo da quando ero un bambino, ed ormai conto un portfolio di migliaia di immagini.
Ma se guardo indietro, a non molti anni fa, vedo quasi esclusivamente paesaggi, monumenti, tramonti, animali.
Qualche ritratto di amici e parenti.
Ci sono molte immagini riuscite (in verità non tante quante vorrei…), ma purtroppo la maggior parte di loro è paragonabile a quelle che si trovano sulle guide turistiche, o sulle cartoline o su qualche rivista.
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di Jens Olof Lasthein |
Perché affannarsi nel fare foto a soggetti oggettivamente inflazionati?
Vivo a Firenze e vedo tutti i giorni orde di fotografi che immortalano il David: farebbero forse prima a comprarsi una cartolina e concentrarsi invece sui momenti più personali della loro vacanza fiorentina?
Il dibattito è aperto.
Ad ogni modo le cose sono drasticamente cambiate quando ho cominciato ad occuparmi di street photography, ormai qualche anno fa.
Capita spesso (quasi sempre) di dover fotografare la gente.
Spesso (quasi sempre) sconosciuti.
Può essere un problema.
E’ come dover parlare in pubblico.
E’ come quando vedi sul cellulare la telefonata del tuo capo il sabato sera.
Lo stato d’animo che ne consegue è di disagio, di imbarazzo.
In alcuni casi di ansia.
E’ normale.
Almeno così dicono.
Certo per me l’approccio verso gente sconosciuta è stato un problema.
E lo è tuttora, in molte situazioni.
Ogni volta che voglio chiedere a qualcuno di farsi fotografare, devo trovare in me una forza non mi appartiene del tutto. E una vocina mi dice, spesso, di lasciare perdere.
E magari di rubare uno scatto, all’insaputa del soggetto.
Il risultato non sarebbe lo stesso, ma mi sarei accontentato.
Sempre meglio che sentire qualcuno lamentarsi, oppure prendersi del peperoncino spruzzato in faccia.
ma la verità è che non ho mai avuto alcun problema.
I fotografi devono semplicemente superare un proprio limite caratteriale.
Soprattutto se vogliono fare della street photography un mestiere.
Non voglio entrare qui nel merito di questioni legate alla privacy, argomento oggi piuttosto importante che complica lo scenario: mi limito a fare solo qualche considerazione di carattere pratico.
Se volete approcciare qualcuno per una foto, prima di tutto analizzate il suo linguaggio del corpo, che consente quasi sempre di capire se NON è interessato a farsi fotografare (molto più difficile capire se qualcuno è interessato): magari vi voltano le spalle, magari non incrociano il vostro sguardo quando cercate di stabilire un contatto visivo.
Magari sono impegnate con qualcuno in atteggiamenti riservati, se non intimi.
Magari sono così prese dai loro pensieri personali.
Queste persone hanno qualcosa di importante da fare ed è meglio non rompere la loro concentrazione.
Lasciate perdere.
Così come ci sono persone evidentemente di fretta. Si può immaginare che stiano andando da qualche parte anche dal fatto che hanno gli occhi fissi davanti a loro impermeabili ad ogni distrazione.
Lasciate perdere.
Meglio allora cercare persone che sono apparentemente più rilassate.
Può servire accendere in loro una certa curisosità: ad esempio se fate parte di una associazione fotografica può essere utile andare in giro con un tesserino appeso al collo, giusto per far capire che non siete un turista qualsiasi.
A volte giare con una attrezzatura professionale può dare l’idea che state lavorando ad un progetto.
Se spesso nella street photography passare inosservati è fondamentale, se volete approcciare gli sconosciuti potreste decidere di utilizzare la strategia opposta: fatevi vedere, seppur in modo opportuno.
Ovviamente bisogna essere vestiti in modo sobrio ma accurato. Il viso rasato, i capelli non trascurati.
E’ necessario tranquillizzare che ci guarda.
Niente occhiali da sole (che per altro sono solo di impiccio).
Niente atteggiamenti eccessivi, ma movimenti lenti e misurati.
Ricordate che siete degli osservatori rispettosi.
Non guardatevi intorno in modo agitato: trasmettereste ansia.
Si tratta di una caccia, è vero, ma è sempre meglio che siano i soggetti a fornirvi un segno di interessamento.
Così sorridete e provate a dire, che so, ciao; e se dicono ciao di nuovo, ci si può fermare a chiacchierare per un momento: la vita in città, il meteo, una maglietta simpatica… qualunque cosa: è facile individuare un argomento che possa accendere una piccola discussione e rompere il ghiaccio.
Se sembrano disposti a scambiare due parole, probabilmente saranno disposti a farsi fotografare.
Ed allora potreste raccontare loro del vostro progetto, della vostra passione per la fotografia.
E chiedere uno scatto.
E’ sempre importante poi lavorare rapidamente.
Se qualcuno dice di sì ad uno scatto, questo non significa che abbia a disposizione un’intera ora.
Quindi meglio scattare velocemente: certo sarà difficile progettare uno scatto in modo molto accurato, ma l’esperienza mi insegna che già nel momento in cui si individua un soggetto interessante, la foto è già nella testa del fotografo.
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On mill – di Don Giannatti |
Se poi avete qualcuno che vi accompagna in questa vostra piccola avventura, un’assistente, potreste provare qualche simpatico gioco utile nel coinvolgere la gente.
Ad esempio il vostro compagno potrebbe portare con sé un paio di lampade.
O magari un cartone che possa servire da fondale: potrebbe tenerlo sollevato dietro la testa del vostro soggetto in modo da realizzare una serre di ritratti isolati: vi stupirete come la gente, alla vista di un piccolo set improvvisato, farà la fila per farsi fotografare.
Un fotografo americano (adesso mi sfugge il nome…) ha realizzato migliaia di ritratti semplicemente appostandosi all’uscita di un supermercato, ed invitando le persone ad accostarsi al muro bianco per fare loro un semplice ritratto a mezzo busto.
Alla fine rinraziate e promettete loro una fotografia.
Mi raccomando: le promesse si mantengono: forse non incontrerete mai più quella persona, ma assicuratevi che ottenga sempre la sua foto. Ed in tempi rapidi.
Il vostro soggetto continuerà a chiedersi nei giorni successivi se ha fatto bene a concedervi il suo tempo e la sua immagine.
Se non riceverà il suo scatto, la prossima volta sarà diffidente. E racconterà la sua esperienza a qualcun’altro. Che alimenterà l’idea che i fotografi sono degli approfittatori insensibili.
Instaurate un rapporto di fiducia e rispettatelo.
Questo poi sarà di aiuto per firmare la liberatoria e scambiare i vostri contatti.
Fotografare gente sconosciuta potrebbe rivelarsi davvero piacevole: si incontrano persone nuove, si realizzano ritratti interessanti, ma soprattutto si impara qualcosa sulle persone.
Ogni fotografo avrà un suo luogo preferito per fotografare gli sconosciuti: le strade affollate del centro di una città, ricche di commercianti e uomini d’affari. O magari ci si può organizzare all’uscita di un grande magazzino. Oppure si può girare nella periferia, dove è facile trovare piccole case, giardini ed angoli verdi.
Le città sono certamente più vivaci e divertenti, ma non sottovalutate i piccoli centri rurali dove, una volta rotto il ghiaccio, la gente è più curiosa e disponibile.
E magari riuscirete anche a farvi offrire una buona tazza di caffè caldo.
Complimenti un articolo simpatico e molto utile..non è così scontato riuscire ad avvicinare gli sconosciuti.il più delle volte ti prendono per uno scocciatore e neanche si fermano!..però vale la pena tentare:)
Ciao e grazie,
Emanuele
Devo dire che sono nuovamente perplesso nel leggere questo articolo, non lo condivido per niente! Non stiamo parlando di Street Photography!
La Street Photography ha come base e come logica nel 99% dei casi (basta leggersi i testi di Cartier-Bresson che è stato il più grande, il maestro dei maestri, in questo genere), il fatto che i soggetti devono essere INCONSAPEVOLI.
Lo stesso Bresson citava “… bisogna avvicinarsi a passi felpati, senza intorbidire l’acqua e scattare senza che il soggetto se ne accorga ….”
Nella Street il soggetto è stabilito dalla sensibilità e dalla cultura (non solo fotografica) dell’autore NON dalla predisposizione di potenziali soggetti. I soggetti sono immersi nella loro vita quotidiana e non accorgendosi dello scatto, non vengono neppure distratti da quello che il fotografo sta facendo o ha già fatto. Loro non se ne accorgono mai (fidatevi, MAI).
Sono certo che chi inizia a fare street può, in un primo momento, essere incerto o timoroso ma con il tempo automatizza modi e sistemi e (ve lo assicuro) diventa INVISIBILE (questo è un dato imprescindibile per fare Street Photography). Chiunque si può prendere sei mesi o un anno per provare e provare fino a quando diventa effettivamente invisibile MA NON è QUESTO IL PROBLEMA DI FARE STREET… così come non è quello della legge sulla privacy (quello al limite viene dopo se a qualcuno interessa pubblicare)…
… il vero problema della Street Photography è che la stragrande maggioranza delle persone non ne hanno capito l’essenza e non sono arrivati a sentirla, non sentendola non capiscono quali sono i soggetti, perchè non li vedono … i soggetti … I SOGGETTI GLI PASSANO ACCANTO MA MOLTI SI COLORO CHE PENSANO DI FARE STREET NON LI VEDONO!
In conclusione, i soggetti non sono un problema (se sapete fare Street loro non si accorgono di nulla), la legge sulla privacy non è un problema (se le immagini non vengono pubblicate), il vero problema è che dovete riuscire a tarare la vostra sensibilità per vivere la strada e poi la Street Photography vi apparterrà quasi automaticamente.
Saluti a tutti
Scattosingolo
Non sono del tutto d’accordo. L’approccio di Bresson non è l’unico possibile. Allora William Klein non farebbe fotografia di strada?
Confondere la street con una sorta di candid-camera mi sembra eccessivamente riduttivo: la storia è piena di grandi fotografi che in qualche modo hanno coinvolto i loro soggetti. Anche magari dopo lo scatto.
Considerando che oggi è impossibile non pubblicare una immagine: l’esigenza di ottenere una liberatoria è storia quotidiana.
Dai un occhio qui: https://www.ccworld.it/2011/01/street-photography-henri-cartier-bresson-vs-william-klein/
Io non ho mai detto che l’approccio di Bresson è l’unico, ho detto che lui è stato il più grande, il maestro dei maestri e la sua fotografia di Street è rimasta la più genuina, la vera matrice.
Dopo conosciamo bene quello che è successo: alcuni (pochi) sono riusciti ad andare dietro il suo approccio, seguendo la strada pura che da le emozioni più forti (non solo a chi fa la fotografia ma anche ai futuri fruitori), molti altri (la massa di chi fa street o crede di fare street), non riuscendo a tarare le propria sensibilità ed a seguire un rigore così difficile, ha cercato di prendere scorciatoie su scorciatoie, cercando di fatto di snaturalizzare ed inquinare questo genere fotografico così difficile e così meraviglioso.
Questo è il motivo per il quale oggi tra le immagini che vengono definite street c’è tanta “rumenta”, tanta “spazzatura”, tanta roba che c’è da vergognarsi soltanto all’idea di esporla in pubblico.
Conosco benissimo la differenza di approccio tra Bresson e Klein, e posso dirti senza timore di essere smentito che la Street di Bresson è distante anni luce dalla fotografia di Klein; oltre alle differenze di emozione che si notano osservando le opere di questi autori, ci sono i commenti di critici e pubbblico emersi durante diversi interventi in convegni, incontri con l’autore, mostre ecc. In tanti hanno infatti commentato che moltissime immagini di Klein non hanno sufficientemente colto un momento significativo e in molti casi sono effettivamente “vuote” o “piatte”, infatti i commenti proseguivano con il fatto che diversi pannelli esposti in mostre a lui dedicate ben rappresentati anche in libri dedicati, basassero l’impatto visivo dell’opera più sulle cornici, circoletti, “X” e frecce fatte con pennarelli a contorno dell’immagine che sull’immagine stessa che, presa da sola non diceva e non trasmetteva quasi niente.
La Street Photographhy è un altra cosa, è sentire il soggetto sulla base di un percorso culturale e visivo che si è stratificato nella sensibilità dell’autore nel corso di anni, decenni, vedere il soggetto per la strada, una strada qualunque, di un comunissimo giorno qualunque, in una città qualunque, dal quotidiano, senza evento!!! Lì bisogna vedere il soggetto, sentire il soggetto e considerare prezioso un suo momento all’insaputa del soggetto stesso, perchè la sensibilità dell’autore si è tarata con la poesia del quotidiano e l’autore, sentendo quel momento, con un linguaggio universale, regala un momento IRRIPETIBILE prima a se stesso e poi, eventualmente, al mondo intero.
Cerchiamo poi di tenere la conversazione per i lettori ad un livello interessante e non scadere in affermazioni assurde come:
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“Confondere la street con una sorta di candid-camera mi sembra eccessivamente riduttivo”
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… non scherziamo e cerchiamo di capirci … una candid camera è un evento preparato, allo scopo di ottenere qualcosa di interessante, la Street invece è un fantastico e difficilissimo genere fotografico che fugge l’evento (non si fa street a concerti, o in mezzo alla guerra ecc, ne si prepara l’evento per lo scatto), cerca la poesia (che sia comica, drammatica, ironica, sentimentale ecc) della vita quotidiana e non ci dev’essere NIENTE di preparato (lo sottolineo 12000 volte questo NIENTE) … LA STREET RAPPRESENTA UN MOMENTO SIGNIFICATIVO NELL’APPARENTE BANALITA’ DEL QUOTIDIANO.
Infine un commento sulla tua frase: “Considerando che oggi è impossibile non pubblicare una immagine: l’esigenza di ottenere una liberatoria è storia quotidiana”… ti ti ha detto queste cose? Conosco chi fa Street da decenni e non ha mai pubblicato nulla ne ha interesse a farlo…
Un saluto a tutti
ciao, questo post mi è piaciuto tantissimo. io sono sempre devastata per strada, non mi piace rubare perchè lo trovo scorretto, non devo vergognarmi e non offendo nessuno…ma ogni volta che sto per sfoderare dalla borsa la macchina (piccola, quella da strada!)o per avvicinare qualcuno dicendo “le spiace…?”aggiungendo sempre biglietto da visita e richiesta di mail per inviare una copia, io me la faccio sotto. ho scoperto che avere al collo un’analogica “vecchiotta” attira più sguardi ma crea più interesse e sorrisi, mi agevola…proverò a seguire le tue indicazioni.
grazie
mari
Il tuo commento è interessante, riflette problematiche sentite da molti, occorrono però due precisazioni:
-Quì non si tratta di “rubare”, in realtà non si ruba niente, per più di un motivo: intanto siamo per la strada e in luoghi pubblici e non in case private, poi la legge sulla riservatezza dei dati personali parla di divieto di esporre e/o pubblicare (in alcuni casi)alcune tipologie di fotografia, lo scatto come ho detto nel commento precedente non prevede necessariamente l’esposizione o la publicazione dello stesso assolutamente.
-L’altra precisazione è che, come spiegato, la Street Photography ha, nella sua matrice, come peculiarità di base, l’inconsapevolezza dei soggetti (infatti se il soggetto è consapevole … lo scatto non rappresenta un autentico momento di vita estrapolato dal quotidiano, i soggetti direttamente o indirettamente … condizionano l’effetto dell’immagine), che è e rimane fondamentale. La consapevolezza dei soggetti “sposta” in molti casi il risultato e in tutti i casi “sposta” quella che è la spinta iniziale per la quale si fa quel particolarissimo genere fotografico.
A valle di queste precisazioni, appare evidente che se tu ti avvicini al soggetto e prima dello scatto ti presenti con un “sorriso”, un “le dispiace”, un “biglietto da visita” ecc. … in quei momenti, in tutti quei casi … non stai facendo Street Photography … stai probabilmente facendo ritratti o reportage urbano ecc.
Un saluto
Scattosingolo
Ciao penso che il tuo modo di approccio alla street photography non può essere chiamata tale ,già il fatto di chiedere il permesso non è vera street ,non per questo da tutte le parti su libri,web dicono di cercare di diventare invisibili, si può fare della buona fotografia di strada senza chiedere il permesso e con un 28mm (su formato pieno) basta essere rispettosi nella persona che ha sua insaputa stai fotografando, ricordati questo non è rubare una fotografia anzi è uno scambio tra tè e il soggetto. rubare una fotografia è quando scatti a mio parere con un 50 in sù(dato che puoi non essere visto,o come dicono in molti un guardone).
Un saluto Fabrizzi.alex
(questo è un mio parere senza offesa)
Confermo il fatto che è fondamentale diventare invisibili, come già detto, il soggetto (per la “Street Photography”) dev’essere inconsapevole; nella Street poi non si ruba un’immagine, si coglie un momento e l’importanza del fare street è proprio nel cogliere quel momento … l’immagine viene dopo ed è meno importante così come è meno importante esporre o pubblicare, infatti … non è necessario nè indispensabile pubblicare.
Scattosingolo